<< Essere - Richard Matheson parte 1
L'uomo giaceva a terra, con gli occhi spalancati e privi di un'espressione, sembrava come ipnotizzato, la bocca era aperta ed immobile, da cui spuntavano dei denti giallastri. Mani, braccia e gambe giacevano immobili, con muscoli rigidi e contratti. L'uomo se ne stava inerte, dentro la sua voluminosa gabbia metallica, la porta era ben chiusa da un lucchetto.
-Che cos'ha?!- chiese Marian
-Non lo so- rispose sotto voce Les
Poco più in là c'era una seconda gabbia, con un secondo uomo. Questo era orribile, gli occhi erano senza vita, l'uomo dal colore verdastro, sputava bava, appena percepì il rumore dei due ragazzi che si muovevano sul terreno, l'uomo si voltò verso di loro. [...]
Les afferrò la mano di Marian e le disse sotto voce -Togliamoci subito da quì, scappiamo veloci ed in silenzio, come se non fossimo mai venuti a veder lo zoo casalingo, che c'é quì!-
-No!- urlò Marian, - Les!, devi fare qualcosa!-
Les infuriato, strattonò Marian di peso, il giovane trascinò di passo veloce la ragazza, verso la loro Ford T. L'uomo della fattoria però, aspettava i due ragazzi davanti all'auto, impugnava una grossa doppietta a canne mozze.
La mente di Les andò nel panico, quando vide l'uomo della fattoria che gli puntò addosso il fucile e disse loro -Adesso si torna indietro!, si torna allo zoo!-
Les realizzò che nessuno sapeva che i due ragazzi avevano imboccato la statale 66. Nessuno sapeva che lor s'erano fermati alla stazione di servizio mezza abbandonata, nessuno sapeva che loro erano venuti sin là per prendere l'acqua dal pozzo, in quella vechia casa, in mezzo al niente, nel deserto. I due ragazzi avrebbero potuto anche scomparire, e nessuno avrebbe saputo niente di loro, perchè loro non avevano detto a nessuno, quali erano i programmi per il tragitto turistico lungo la statale 66.
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Il benzinaio si chiamava Merv Ketter, l'uomo aveva rinchiuso in una gabbia di ferro, Les e Marian poi l'uomo s'allontanò pochi minuti dal retro della casa, tornò poi dopo poco spintonando con il fucile una donna, la quale fu rinchiusa dentro un'altra gabbia di ferro, vicino al porcile che però era vuoto.
Poi Merv Ketter rientrò nella casa, appoggiò il fucile sul tavolo, camminò sul pavimento in linoleum della vecchia casa e poi pensò che cos'altro poteva fare?!lui non avevo scelta!-
In casa l'uomo aveva riposti in un armadietto di ferro anche una pistola automatica Luger tedesca, un fucile da guerra tedesco Mauser, una bomba a mano e persino un granata anticarro. Per qualche strana ragione, l'uomo meditava di farsi saltare per aria, con la bomba a mano. Poi un pensiero gli balenò nel cervello: un eroe di guerra!. Ammirato, lodato, decorato, ma da quando Elsie era morta, lui era rimasto solo nel deserto con i suoi trofei. Un giorno però, sarebbe tornato nel deserto, per andare a caccia.
L'uomo si sedette su una sedia, i suoi occhi si muovevano in modo convulso a destra e sinistra, poi Merv Ketter si mise la testa tra le mani, incominciò a pensare che forse era uno stupido. Però forse non era uno stupido: insomma non era successo niente, quando era scomparso il primo uomo. Non era successo niente, nemmeno quando erano scomparsi 5 uomini. Forse, non sarebbe successo niente, neanche adesso.
Però non era da lui, mettere in prigione una donna!.
Merv Ketter non aveva mai pianificato d'imprigionare una donna!. Però in fondo se l'era cercata e forse se l'era voluta: lui non avrebbe potuto salvarla, lui aveva capito che la donna era spacciata, quando in mezzo al deserto, nella sua stazione di servizio, la donna agitando orizzontalmente il suo termos vuoto, chiedeva sorridendo dell'acqua fresca da bere!.
Però alla coppia di giovani che aveva messo nella gabbia, non li aveva fatto alcuna iniezione, loro avrebbero potuto urlare.
L'uomo aprì gli occhi, guardò sulla vecchia madia di cucina, la foto della moglie morta, poi l'uomo guardò l'armadietto aperto, con dentro i suoi cimeli e trofei di guerra.
Lui era un eroe, questo pensiero gli fece contorcere le budella.
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Era venuto il tempo, il glutine si muoveva lento e pulsante come una spuma, nei tentacoli dell'essere. Un fremito agitato, contrasse tutti i muscoli dell'essere, che si gonfiò come una sorta di bolla sferica. L'entità iniziò a muoversi lenta, gelatinosa e silenziosa, tra le rocce e gli sterpi.
L'entità ripensava a com'era entrata sulla Terra: s'era camuffata da meteora, poi era atterrata ed aveva atteso, quando il Sole aveva riscaldato il suo veicolo, il portellone s'era aperto, e l'entità era uscita fuori, immersa in questo giallo e sporadico verde iridescente.
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[...] -Che cosa sta facendo?!- chiese sotto voce Marian a Les, con un tono di voce impastato, mentre le labbra inferiori erano leggermente screpolate.
-Non lo so- rispose Les che, da quando era stato messo in gabbia, insieme a Marian, continuava a chiedersi perché il benzinaio gli avesse incarcerati nelle gabbie?! Che cosa voleva fare di loro?!.
Sporadicamente Merv Ketter usciva di casa, andava nel vuoto porcile, prendeva qualche oggetto e rientrava in casa, però l'uomo non guardava mai nelle gabbie, sembrava volesse evitare la vista e gli sguardi delle persone, che egli stesso aveva costretto nelle gabbie d'acciaio.
La giornata volgeva al termine, tra un po' sarebbe scesa la sera e poi la notte.
Comparve Merv Ketter, che aprì la gabbia dove c'era l'uomo che giaceva incosciente, Ketter lo trascinò fuori dalla gabbia e lo lasciò per terra. Poi Merv Ketter iniziò a guardarsi intorno, con uno sguardo spiritato, come se stesse cercando qualcosa, quindi rientrò istericamente di passo veloce in casa, dopo poco e chiuse la porta a chiave.
-Che diavolo sta facendo?! Perché ha lasciato quell'uomo mezzo morto, sdraiato dietro al cortile di casa?!. Les, io ho paura!- disse Marian.
Les non rispose, scosse la testa e non disse niente; non c'era niente, in quello che era loro capitato, che avesse un briciolo di senso logico!. [...]
Silenziosamente e senza un suono, venne il tramonto, poi gradualmente iniziò a scendere la sera, nel più completo silenzio del deserto.
All'improvviso i due giovani udirono un suono, i loro corpi s'irrigidirono e tesero le orecchie per cercare di capire cosa fosse quel rumore, che avevano sentito. Quello strano rumore sembrava avvicinarsi, mentre il tramonto era quasi terminato, la notte calava da Est nel deserto, mentre ad Ovest il sole era scomparso ed chiarore rosso diventava blu scuro in un cielo limpido e senza nuvole.
C'era un essere orrendo, era luminescente, di forma sferica, quell'essere sconosciuto pulsava, ed aveva anche alcuni tentacoli, mentre l'entità rotolava lenta e soffice tra le rocce, ed i pochi sterpi del deserto.
Les chiuse gli occhi, non voleva vedere, non voleva sentire.
Marian s'aggrappò istericamente alle inferriate della gabbia, urlò come una matta in preda al panico, tirò a se ripetutamente la grata, cercando disperatamente di rompere i cavi in acciaio, in cui erano stati rinchiusi.
L'essere s'avvicinò all'uomo inerme che era steso a terra, appena dietro la casa, l'entità con i suoi tentacoli iniziò a succhiarlo, e lentamente l'uomo scomparve, finendo fagocitato dell'entità, che nel buio della notte, prese ad emanare una luce rossastra e pulsante.
Adesso era tutto chiaro ai due giovani, perché erano stati imprigionati nelle gabbie: loro erano il cibo per quella cosa.
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Quando Merv Ketter udì da dentro casa, le urla di panico di Marian, l'uomo si tappò le orecchie. Porte e finestre, ancorchè ben chiuse non potevano tenere fuori le urla di panico della ragazza. Forse, le urla che Merv sentiva non erano reali, forse le grida erano solo nella sua mente, per cui non c'era bisogno di porte e finestre per tenere fuori queste grida d'aiuto disumane, perchè in fondo era tutto nella testa di Merv.
Quando le grida finirono, l'uomo s'alzò come un automa, fece un cerchio rosso sul calendario che era appeso al muro: era il 22 di Agosto, quello era l'ottavo uomo che era stato mangiato.
Il lapis rosso cadde dalle mani di Merv sul pavimento, con un rumore secco.
Merv osservava con gli occhi spiritati il calendario pieno di cerchi: 16 giorni d'inferno, un uomo mangiato ogni 2 giorni, la matematica era semplicissima, ma la verità dei fatti era decisamente meno semplice.
Erano solo 16 giorni fà che Merv era venuto nel deserto, in caccia di conigli, ma questi 16 giorni li sembravano anni.
I ricordi affiorarono alla memoria di Merv in modo lucido: era al tramonto, davanti ad una pozza d'acqua, quando Merv vide quell'essere che se ne stava immerso in una delle poche grosse pozze d'acqua che si trovavano tra le rocce del deserto, dove la selvaggina spesso andava a bere sulla sera.
L'entità di forma vagamente sferica, simile ad un bulbo, emetteva una luce rossastra, pulsante, aveva degli stani tentacoli che si muovevano nell'aria come fossero stati dei serpenti.
Merv non stette a pensarci un'attimo, si voltò e prese a correre, corse come un pazzo, in preda al panico, quando all'improvviso ebbe come una percezione strana, Merv sentì il bisogno di voltarsi per un attimo.
Quell'essere volava, lo stava inseguendo!.
Allora Merv puntò il suo fucile a canne mozze e sparò.
Lo beccò in pieno, poi Merv riprese a correre, però in direzione opposta, perché l'entità era davvero veloce, Merv non ce l'avrebbe mai fatta a raggiungere il suo veicolo.
Merv tornò a correre verso il deserto, verso la pozza d'acqua.
Nel panico e nella furia della corsa, Merv si ritrovò immerso nella pozza d'acqua, ed in meno di pochi secondi, ebbe contro di se l'entità gelatinosa che volando, lo raggiunse in un baleno e tentò d'aggredirlo.
Il contatto della pelle umana con l'entità gelatinosa, gli procurò un fortissimo dolore: la pelle gli bruciava come fosse stata ustionata dal fuoco, ma per qualche ragione Merv non fu mangiato e Merv non morì.
Merv aveva inalato dei vapori che l'entità aveva emesso, mentre i due lottavano nella pozza d'acqua: Merv si ritrovò come avvelenato ed impossibilitato ad urlare. Merv non poteva correre e non poteva muoversi, come invece avrebbe voluto. Era come se un veleno, gli avesse bloccato i movimenti.
Merv rimase immerso nell'acqua, era avvolto da una colla putriscente e gelatinosa dall'odore nauseabondo, nonostante l'uomo fosse incapace di reagire, era perfettamente cosciente: Merv s'aspettava il peggio, da un momento all'altro.
Un tentacolo dell'entità gli si appiccicò sulla fronte, nel cervello di Merv balenò all'improvviso un pensiero: -per adesso, non posso ucciderti, ma tu mi porterai del cibo!-.
Questo pensiero si stampò nella mente di Merv, come se gli avesse bruciato il cervello, avvelenandone il cervello e soggiogandone la volontà.
Dopo quella volta, Merv continuò a fare cerchi rossi sul calendario, con la propria volontà ormai soggiogata.
Merv si ricordava che aveva avuto una moglie, Merv si ricordava che aveva avuto un lavoro alla stazione di servizio, Merv sapeva che era stato in guerra, Merv sapeva che era stato anche decorato.
Ma la sua volontà era soggiogata: quel morso del tentacolo sulla fronte, aveva avvelenato la mente di Merv Ketter, il quale non poteva e non riusciva a ribellarsi, all'ordine che l'entità gli aveva imposto, bruciandogli la mente. Era come se Merv Ketter fosse stato morso dal veleno di un serpente, che avesse preso il controllo parziale della sua mente.
Tra due giorni l'entità sarebbe tornata per mangiare, gli uomini che lui forniva all'entità, la loro morte avrebbe permesso a Merv Ketter di vivere.
Merv andò a letto e si coricò su un fianco, mentre il cervello di Merv prese a pensare un po' più liberamente.
Che cosa avrebbe fatto Merv se la giovane coppia si fosse liberata?!
Che cosa sarebbe successo se la polizia fosse arrivata all'improvviso?!
E cosa sarebbe successo se le indagini avessero scoperto anche gli altri otto uomini che erano stati già mangiati dall'entità?!
Merv Ketter allungò nell'oscurità la propia mano sopra al comodino, trovò la sua bottiglia di whisky, che era ancora piena a metà, la prese e ne tracannò avidamente vari copiosi sorsi. Con quella, si sarebbe probabilmente addormentato e forse anche il suo stomaco e le sue viscere, avrebbero smesso di contorgersi, davanti ai pensieri che gli frullavano nella testa e di cui, solo parzialmente n'aveva il pieno controllo.
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